E’ una prigione di ghiaccio, quella in cui giacciono i suoni di una vita. Custoditi sotto un silenzio di neve, spontaneamente affiorano, scrollandosi di dosso cristalli e paure, aprendosi al mondo.
Dai primi vagiti, però, quella bambina dagli occhi come frecce sembra diversa.
E’ una promessa, lo sguardo di sua madre. E’ Vany, che sente quell’amore. Ma poco altro perché lei, Vanessa Caboni, nasce sorda profonda, deposta in una soffice culla, immersa in una nuvola d’ovatta.
I genitori lo sanno o almeno possono immaginarlo. Antonio e Lory non hanno mai udito come le altre persone, perché “sentire” lo hanno sempre fatto benissimo. Hanno combattuto contro le occhiate in tralice dei passanti, contro i muri di gomma di relazioni immature che li hanno sbalzati lontano, fino ad incontrarsi. Si sono guardati, hanno ascoltato gli occhi, infilato una mano in tasca e scoperto quella che sarebbe stata la chiave della loro vita: l’amore per lo sport.
Antonio ha sempre mostrato una certa abilità a calciare il pallone. E’ un attaccante di razza che nel 1985, tre anni prima dell’appuntamento con la storia, ha fatto crollare un muro a Berlino: era azzurro il cielo sopra la capitale tedesca; la Nazionale, campione d’Europa. Tornato a casa, ha festeggiato e poi è di nuovo tornato in campo con gli amici. No, non sono sordi, perchè? E’ un problema? Bomber Cabo partecipa ai campionati federali, perché non dovrebbe? E’ con questo spirito che nel 2002 diventerà campione olimpico a Roma.
Anche Lory gioca col pallone e con i pregiudizi, solo che lei li prende a schiaffi. Schiacciatrice o libero, fa poca differenza; la pallavolo accoglie tutti, senza alcuna differenza. Sì, anche lei gioca con persone normodotate, perché non potrebbe?
Quello che Antonio e Lory ancora non sanno, però, è che, proprio come loro, anche Vanessa ha con sè quella chiave. Forse è nascosta sotto la copertina tirata su fino al mento, o appoggiata delicatamente accanto al cuscino, ma c’è. Ed è perfettamente funzionante. Possono stare tranquilli: lei sarà Vany, che gioca con ardore.
Cresce bella e battagliera, imparando presto a combattere con chi non l’accetta. A Bologna la lingua dei segni è una danza che apprende alla perfezione e non importa se la gente ride davanti a quel ballo proibito: nessuno può mettere Vanessa in un angolo.
Al massimo qualche avversaria può cercare di contrastarla a muro, anche se lei salta che è uno spettacolo, picchia duro e all’Idea Volley non vedono l’ora di mandarla in campo, naturalmente assieme alle giocatrici normodotate: buon sangue non mente.
Arriva a giocare in B2, gira l’Italia; alle prime interviste con i giornalisti si presenta la mamma come interprete. E’ un ponte solido, ma davanti a tanta passione basta poi poco per fare attraversare le emozioni: guarda gli occhi, quelli non mentono mai.
“La pallavolo è il mio mondo, la mia occasione per integrarmi”. Annelisa Faccioli, la sua prima allenatrice, lo aveva capito subito: Vanessa è speciale. “Sai, sono l’unica giocatrice non udente che milita in un campionato nazionale”. E non solo in quello, perché a Bologna non ci sono squadre per sorde e così Vany deve trasferirsi a Modena e a Brescia per continuare a respirare il profumo dei sogni. Arrivano tre scudetti, due titoli italiani di beach volley, il bronzo alla Champions League per sordi, però manca ancora qualcosa.
Hai mai visto Samsun? No, però è là che Vanessa deve andare per trovare veramente se stessa. In Turchia la Nazionale sorde partecipa alle Deaflympics, le Olimpiadi per i sordi. La Caboni è in campo e non si ferma. Salta, schiaccia, esulta, fino in finale dove l’urlo rimane in gola, ma la medaglia d’argento è già saldamente al collo. “E’ un’emozione che non si può spiegare e che porterò sempre dentro di me”.
E’ questa Vanessa, che vince con onore.
Poi guarda e si riguarda, lo specchio le rimanda il volto di una ragazza con gli occhi come frecce ed un fisico da passerella. Non è l’unica ad accorgersene. Ti andrebbe qualche scatto fotografico? Perché no? Le braccia incrociate a protezione dei sentimenti, gli occhi dardeggianti, le linee sinuose di un corpo statuario. Diventa modella per hobby, perché non potrebbe? Lei è Vanessa, che posa con pudore.
E che studia, si impegna, ottiene il diploma di ragioneria all’ITC Tanari, ma poi si ferma. “Dopo la maturità mi sono iscritta a Fisioterapia. Purtroppo ho dovuto abbandonarla perché i servizi dedicati all’abbattimento delle barriere comunicative erano molto scarsi e quindi avrei avuto molti problemi in questo senso. Fortunatamente ho subito trovato lavoro come impiegata alla Digidoc, società dell’IMA”.
E brava Vanessa, che guadagna con sudore. E continua a giocare a pallavolo, ora a Villanova in Serie C, vive, lotta, affronta la pandemia con le mille difficoltà che comporta per una ragazza sorda.
“Quando incontriamo persone che giustamente indossano la mascherina, noi sorde non riusciamo nè a sentire, nè a leggere il labiale, non capiamo praticamente nulla. Così proviamo a scrivere quello di cui abbiamo bisogno sul cellulare, però, per rispettare la distanza di sicurezza, i vari commercianti, farmacisti o medici spesso fanno molta fatica a prendere in mano il nostro telefono. Non immagino poi la grande difficoltà che possono avere le persone sorde ricoverate, non potendo comunicare con i loro familiari, magari anche loro sordi, e con i medici”.
E’ più facile leggere i messaggi stampati sulla pelle; ognuno dei suoi 17 tatuaggi ha un significato preciso.
“Ci sono prima di tutto i cinque cerchi per la medaglia d’argento conquistata alle Deaflympics. Mi serve a ricordare che in quel periodo i miei genitori hanno divorziato ma io sono riuscita comunque ad avere la forza per giocare e conquistare addirittura una medaglia.
Poi ho un girasole sul fianco sinistro, dedicato a Lucas, il mio primo nipote: significa che lo seguirò ovunque andrà, mentre la bambina e la madre stilizzate sul polso siamo io e la mia mamma”.
Così, tra gli altri, il drago sulla caviglia indica potere e saggezza, l’elefante potenza a protezione dei suoi cari e la scritta “Siempre con migo” è in ricordo del nonno scomparso.
E quella parola di cinque lettere, tatuata con la grafia di mamma Lory? E’ “Ohana”, un porto sicuro. Perché Ohana vuol dire famiglia e famiglia significa che nessuno viene mai abbandonato.
L’amore scalda il ghiaccio, la prigione si scioglie, le emozioni sono finalmente libere di affiorare: questa è Vanessa, che “sente” con il cuore.
Damiano Montanari
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