Ben, l’uomo che visse due volte

All’ombra dell’Eremo di Ronzano, dove le idee danno il prurito ai potenti e fanno il solletico al Cielo, abita l’uomo che visse due volte. Almeno fino ad oggi, perché fra Benito Fusco, nome che più depistante non si può, sa sorprenderti da un momento all’altro, con quel suo sorriso sornione e quegli occhi che hanno visto tutto e il contrario di tutto. Come un piccolo vulcano, mimetizzato accuratamente tra i fianchi sinuosi dei colli bolognesi, è pronto ad eruttare parole nuove, bruciando le ipocrisie e le incoerenze del nostro tempo. Senza distinzioni di sesso, razza, orientamento politico e persino religioso.

L’Eremo di Ronzano

Avrete capito che Ben, felice della sua “fratitudine” e “allergico” alle ricchezze e ai privilegi del clero, è un personaggio scomodo. Eppure è nato su un… divano, a Revere, nella campagna di Mantova. Una doglia improvvisa e “Iulin”, in visita da Sasso Marconi alla sorella Luisa, ha dato al mondo il figlio settimino, amato e protetto dalle male lingue fin dal suo concepimento: non era semplice nel 1952 per una ragazza mamma. Suo padre era morto giovane, vinto dal tetano dopo la Prima Guerra Mondiale, lasciando dieci figli e una moglie che non riuscì a gestire l’intera prole. Così alcuni, tra cui Iole, crebbero con i parenti fattori terrieri legati al fascismo.

Il piccolo Benito

Non Benito, che iniziò presto ad ardere per altri amori. Dalla Chiesa di Sasso spuntavano due campanili: uno si alzava dalla sagrestia, l’altro dalla Casa del Popolo. Per Ben sono stati due seni a cui alimentarsi in perfetta armonia: mentre a scuola il compagno di banco Nino Giorgi, figlio del capo partigiano Renato, trasmetteva l’entusiasmo e il sacrificio della Resistenza, il parroco don Dario Zanini aiutava mamma Iole, che nel frattempo si era sposata con un bravo poliziotto, Giovanni, da cui aveva avuto Maria Teresa, per tutti Cocca.

SINISTRA

Al primo bivio della vita, però, Benito svolta a sinistra. Abbraccia l’ideologia comunista al liceo classico che completa ad Ancona, dove Dio lo sta aspettando nelle vesti di Padre Bruno Quercetti, docente e Servo di Maria; Ben ancora non lo sa, ma sarà l’uomo capace di trasformarsi in bussola per orientare la sua anima in tumulto. I tempi tuttavia non sono ancora maturi.

Il “ghigno” del giovane Ben

Nell’estate del 1969, durante un’esperienza a Lourdes con la parrocchia, il servizio come barelliere diventa occasione di incontro. C’è un giovane scout, l’affinità elettiva è immediata, il percorso è segnato: il suo nome è Pier Francesco Lorusso. L’amicizia si consolida a Bologna, nel fermento dell’ambiente universitario e soprattutto all’interno di Lotta Continua, dove lo scoutismo si fonde con il leninismo ed il socialismo libertario. Una miscela esplosiva. La deflagrazione più dolorosa squarcia l’anima l’11 marzo del 1977.

In via Irnerio, all’altezza del Dipartimento di Anatomia, scoppiano tafferugli con esponenti di Comunione e Liberazione. Benito, che frequenta Giurisprudenza, è in sede e accorre a sostegno dei suoi compagni. Affronta controcorrente un fiume di studenti, quando all’inizio di via Mascarella due spari gli gelano il sangue. “Hanno ucciso un compagno”. Il sangue si ghiaccia, il cuore rimbalza, non lui, ti prego. Ma Francesco non c’è più. Cala il silenzio.

SENSO

Il mondo ruota al contrario, una voce chiede di essere ascoltata, Ben è ancora sordo. E non per colpa di una molotov. Cambia, decide di combattere il sistema dall’interno, a Casalecchio di Reno diventa consigliere e poi assessore all’ambiente. Prende servizio il 2 agosto 1980. Altra esplosione, in stazione a Bologna è una strage. Che senso ha?

Ci pensa per dieci anni e quando il lutto cede ormai il passo alla rinascita interiore, il cielo sopra Casalecchio si incendia. Un aereo militare perde quota durante un’esercitazione, il pilota si lancia col paracadute, il velivolo si infila come una lama nel cuore dell’Istituto Salvemini: è il 6 dicembre 1990, muoiono 12 ragazzi. Benito, che è assessore alla sanità e ai servizi sociali, accompagna i genitori a riconoscere i cadaveri.

Ora basta. Dio, cosa vuoi da me?

Solo essere ascoltato. Per Ben comincia una nuova vita.

VIAGGIO

Zaino in spalla, Benito si mette in viaggio alla ricerca di se stesso

Un mese. L’aspettativa è legittima e il sindaco la concede. Benito va dove lo porta il cuore, uno zaino in spalla e i risparmi in tasca. In treno, in pullman, a piedi, la bussola punta verso Nord, in Francia, poi piega verso la Normandia, va oltre i Pirenei, si torna a Lourdes. Ti ricordi? L’ultima volta c’era anche Francesco. Però ora si deve andare avanti, fino in Portogallo, a respirare l’Oceano. Aria, acqua, terra, anima. La comunione è perfetta. Dio parla. E finalmente Ben “sente”.

Deve fare spazio a qualcosa di più grande, che non lo tradisca mai, che sia un amore eterno, l’unica cosa in grado di guarirlo. L’uomo della Provvidenza è Padre Bruno, allora proprio all’Eremo di Ronzano.

“Benito, sto per partire per il Brasile con alcuni ragazzi scout. Vuoi venire con me?”.

Amen. Così sia. Nella fitta vegetazione dell’Amazzonia, in mezzo alla lotta tra i seringheiros e i fazendeiros, scopre un altro luogo di morte: lì gli Acreani hanno tradito e ucciso Che Guevara. Ma questo è un tempo nuovo, di vita, le palafitte si alzano sull’acqua e aprono le porte ai fuggitivi dalle foreste.

La notte, che notte, ricamata di stelle. La voce, che voce, quella di Padre Bruno. O quella di Dio?

“Sai Ben, puoi anche cambiare vita. Puoi farlo come missionario laico o in un cammino di vita religiosa, ora che stai ricoprendo la fede”.

SCELTA

Ma il primo amore non si scorda mai e così la politica resta lì, come un galleggiante nello stagno, il gruppo “Nuova Solidarietà”, la “Rete” di Leoluca Orlando, il lavoro in Regione. Fino alla scelta.

Nel 1998 diventa frate e da allora sul muro del suo ufficio ci sono il Crocifisso, un poster della Fortitudo Pallacanestro e l’immagine dell’Inter, perché da bambino Angelo Moratti gli aveva mandato la maglia numero 9, quella di Benito Lorenzi. Lui trasformava i palloni in gol, mentre Fusco converte l’energia in amore in giro per il mondo: Brasile, Albania, Kosovo, Filippine, Uganda, India. Va dove serve e non gli importa che per tre anni sia stato mandato in “esilio” a Budrio: dire sempre quello che si pensa, può avere controindicazioni, mentre l’amore no, quello guarisce in modo incondizionato.

Fra Benito con Roberto Morgantini e don Nicolini

In uno dei suoi ultimi viaggi a Fatima Nagar, regione poverissima nel Sud Est dell’India, gli hanno fatto battezzare una bambina. I genitori, grati per l’opera della missione, volevano chiamarla Benita.

“Così la rovinate. Lei sarà Love”. E’ iniziato a piovere. O forse era solo il Cielo che si era commosso.

Damiano Montanari

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